VEDRAI...
... le figure Gestaltiche di Gino Loperfido
Spesso, anzi spessissimo, mi sento chiedere " ma come ti riescono queste trasparenze di colore e come nascono queste sovrapposizioni di immagini?" e poi ancora "Queste sono casuali oppure le immagini prima?".
Ora, non è che non voglio dire cosa accade quando dipingo, anche perché non spiegando si rischia (li apparire come un illusionista che nasconde il trucco della sua magia, dopo averla eseguita.
La mia è un'operazione artisticamente "soggettiva", nel senso che è l'osservatore stesso a scoprire il significato "oggettivo" dell'opera. Ognuno quindi, può vederci quello che vuole. Naturalmente dopo essere partiti da una base fatta di situazioni o immagini volutamente rappresentate.
Però, prima ancora di approfondire vorrei precisare come mi colloco io stesso nel mondo dell'arte.
Per quanto abbia provato a cambiare, non sono ancora riuscito a collocarmi tra coloro che dipingono tutti i giorni dell'anno e con quella assiduità certosina che spesso occorre. Come se la nostra dovesse essere un'azione " impiegatizia" e basta.
Eppure questo, un giorno mi sentii dire da Renato Guttuso, allorché Ruggero Orlando me lo presentò.
Lui infatti, sosteneva che un artista deve poter andare a studio, e cioè al suo posto di lavoro tutti i giorni e magari iniziando pure di buonora, perché "La nostra attività, caro Loperfido, (a proposito sei parente del senatore? No! gli risposi amareggiato) viene premiata quando c'è un'azione manuale e quotidiana maturata nel tempo"
Questo mi disse quel giorno l'esimio Maestro. Quella volta mi limitai ad ascoltare senza contraddirlo. Ma non vorrei contraddirlo neppure ora, poiché tutto questo è una scuola di pensiero seguita dalla maggioranza degli artisti.
Al contrario io, tutto sono tranne che un artista, nel senso che il mio approccio con la tela o con la materia (nel caso della scultura) non parte da una posizione professionalmente già calcolata, (tra l'altro mi sento proprio "fuori" avendo difficoltà anche a separarmi dalle mie opere, ma questo soltanto quando dietro questa non c'è una committenza) quindi come dicevo, la mia è una posizione diametralmente opposta a quella di Guttuso.
Infatti deve scattarmi quello che spesso viene definita l'ispirazione e che secondo il mio modo di essere definirei di più, come un impulso a fare qualcosa. Nel mio caso quindi, produrre significa prescindere sia dai tempi di esecuzione che dallo spazio (questo aspetto Io approfondirò più avanti)
Inoltre le pause, anche di molti anni tra un'opera e l'altra, diventano minimi dettagli, in quanto io credo che la produttività appartenga più alla mente che al corpo, anche quando questo sta fermo.
Semmai in quella situazione di stallo, questa creatività si rafforza, accumulando anche esperienza (virtuale) per poi scatenarla, tutta in una volta, dopo.
(Ultimamente ho lavorato ogni sacrosanto giorno e prevalentemente di notte.)
Dipingere stando inerti nel mio caso quindi, è possibile e non nascondo che l'assenza di produzione avuta in alcuni periodi della mia vita, non mi ha creato alcun rammarico fino ad ora, naturalmente.
VEDRAI...
Ma veniamo a spiegare come nascono, nei miei quadri, le figure Gestaltiche.
La tela è sempre una preoccupazione quando è bianca, di conseguenza la "occupo" subito scrivendoci il titolo, in modo da farlo diventare la matrice stessa dell'opera.
Lo faccio con uno strumento, che in quel momento trovo a portata di mano, come una grafite, ma anche un gessetto, oppure qualche altra volta uno stiletto d'acciaio intinto nel colore. Soltanto dopo averlo "elaborato" passo alla seconda fase, quella rappresentata dal colore. Possiamo quindi dire che un progetto, anche sintetico, alla fine c'è sempre.
Dopo di ciò inizia la 2^ fase, quella più delicata, che fa nascere le figure, prima immaginate e poi volute, tra un intreccio di trasparenze e sovrapposizioni varie.
E a seconda di come avrò agito, usciranno situazioni o immagini definibili appunto; Gestaltiche e che con il loro significato, faranno da compendio all'opera stessa.
Agli occhi dell'osservatore quindi appariranno figure immediate, ma poi, come una caccia al tesoro, vengono fuori in ordine consequenziale altre figure dalle tonalità diverse. La conseguenza di tutto questo, come già detto, è un'azione interattiva tra osservatore ed opera stessa.
Il mio operare inoltre è anche un'azione istintiva ma soprattutto ad oltranza, nel senso che fino a quando la mia "tranquillità interiore" non è appagata, continuerò a lavorare. Non vi dico dove ed in quale situazione produco le opere. In questo preferisco assomigliare di più ad un illusionista.
Inoltre, (altra mia caratteristica) occorre osservare le opere, sia in posizione verticale che in orizzontale.
Per concludere posso dire che gli " inganni" sono la spiegazione stessa delle mie opere.
Ed in tutto questo lo "spazio" è inteso, non come luogo deputato a fare qualcosa, ma come cambiamento interiore da parte dell'osservatore nei confronti dell'opera stessa.